Nel 1973 Josef Franz Blumrich, con Da tat sich der Himmel auf (edizione italiana …E il cielo si aprì, 1976), affrontava in maniera esaustiva la visione del ‘merkavah’ di Dio (dall’ebraico, carro o biga) da parte del profeta biblico Ezechiele, di cui si erano già occupati fino allora, seppur superficialmente, anche altri autori.
L’ingegnere della NASA – Blumrich era stato fino al 1974 capo del ramo di sviluppo strutturale avanzato della NASA presso il Marshall Space Flight Center, occupandosi della ricerca progettuale per il razzo Saturn V, Skylab e Space Shuttle – si accostò inizialmente alla questione per confutarla, ma si convinse infine che il profeta vide davvero un’astronave.
L’autore realizzò disegni e specifiche tecniche del mezzo alieno, contenute in appendice al libro, ma scrisse l’anno dopo anche un corposo articolo pubblicato su Impact of Science on Society, XXIV Volume, n. 4 (ottobre-dicembre 1974), un periodico editato dall’UNESCO tuttora disponibile on line, in cui annotava che
«Ezechiele ebbe quattro incontri con astronavi, avvenuti per un periodo di vent’anni. Il primo ebbe luogo nel 592 a.C., cinque anni dopo che Ezechiele e circa 8000 altri ebrei furono deportati in Babilonia. Sposato e trentenne all’epoca, Ezechiele era un prete e proveniva da una famiglia di classe superiore. Quando vide l’astronave per la prima volta l’esperienza fu travolgente e lo lasciò sotto shock. Nel primo capitolo del suo libro ci racconta la maggior parte di ciò che possiamo imparare sulla struttura e sulla funzione dell’imbarcazione. Anche se in seguito ci dice che è stato prelevato a bordo della navicella spaziale vicino a Tel-Abib dove abitava e che in seguito è stato restituito lì, ha poco ricordo del volo stesso. Completamente sopraffatto dall’esperienza, vola ‘nell’amarezza nel calore del mio spirito’ (Capitolo 3, Versetto 14). Il secondo incontro segue entro pochi mesi. La sua descrizione è breve e frammentaria (capitolo 3, versetti 22–4). Nel suo racconto della terza esperienza un anno dopo la prima (Capitoli 8-11), Ezechiele narra un affascinante evento che culmina in quella che sembra essere un’operazione di manutenzione o riparazione sull’astronave. Un braccio meccanico raggiunge da un’unità elicottero verso l’area rovente in corrispondenza della punta inferiore del corpo principale (Capitolo 10, Verso 7). Passa una parte ‘calda’ di qualche tipo a un membro dell’equipaggio a terra a cui era stato ordinato di prendere una posizione vicino a uno degli elicotteri. L’equipaggio porta via la padella calda. Un paragone del tempio descritto da Ezechiele con un piano del Tempio di Salomone (ancora in piedi in quel momento) mostra che la descrizione di Ezechiele è di un altro tempio, ma dove? La stessa domanda è sollevata dal quarto incontro, venti anni dopo il primo (capitolo 40). L’arrivo di Ezechiele in un grande complesso di edifici dimostra di essere stato programmato perché è atteso da un uomo che indossa abiti simili a quello del comandante della nave e che accompagna il profeta in un lungo tour attraverso il tempio. Il resoconto di questo incontro, così come il Libro di Ezechiele, termina bruscamente e deve essere considerato come un frammento. Da nessuna parte in questi episodi troviamo contraddizione, né nella ripetizione della descrizione del veicolo né negli eventi relativi alla nave spaziale. C’è anche un completo accordo tra la mia ricostruzione ingegneristica, basata sulle attuali conoscenze tecniche avanzate e le parole bibliche».
L’autore concludeva che «Il risultato complessivo, quindi, è un veicolo spaziale tecnicamente fattibile senza dubbio e molto ben progettato per adattarsi alla funzione e allo scopo, la sua tecnologia non è in alcun modo fantastica ma, anche nei suoi aspetti estremi, rientra quasi nelle nostre capacità odierne. I risultati indicano, inoltre, che l’astronave di Ezechiele operava insieme a una nave madre in orbita attorno alla terra. Non abbiamo alcun punto di riferimento sicuro per una determinazione esatta delle dimensioni del mezzo da sbarco, ma possiamo approssimarle entro il raggio che ho analizzato analiticamente […] Il diametro del corpo centrale sarebbe di circa 18 m (59 piedi), quello del rotore [l’organo palettato che attraverso la rotazione permette la portanza e la propulsione di un veicolo, NdA] di un’unità elicottero sarebbe di 11 m (36 piedi), peso totale dal momento del decollo dalla terra per il ritorno il volo verso la nave madre sarebbe di 110 tonnellate, l’impulso specifico del motore sarebbe di 2.080 secondi e l’imbarcazione trasporterebbe due o tre passeggeri».
Blumrich si rammaricava che «L’unico elemento che non siamo in grado di costruire è il reattore nucleare all’interno del sistema di propulsione. Sebbene questo sia un reattore a fissione, richiederebbe un impulso specifico di almeno 2.000 secondi contro i circa 900 secondi dei motori nucleari di oggi. È ragionevole supporre, tuttavia, che entro pochi decenni potremmo avere questa capacità se dovessimo investire abbastanza sforzi nel suo sviluppo».
I detrattori non mancarono di sottolineare che Blumrich non conosceva l’ebraico originale e aveva consultato una Bibbia in lingua tedesca del 1957, che conteneva un grossolano errore di traduzione per quel che riguarda ciò che aveva visto Ezechiele (capitolo 1, versetto 7: ‘piedi rotondi’ anziché ‘come la pianta del piede di un vitello’), riportato anche in altre versioni consultate da Blumrich; in più, l’autore tradusse liberamente la parola ‘visione’ con ‘struttura veicolare’.
Giuseppe M. Cùscito, specializzato in Scienze delle religioni con un dottorato di ricerca in Storia, Culture e Religioni, è intervenuto recentemente sulla questione, puntualizzando che «[…] Ezechiele stesso non dice di vedere degli oggetti simili a esseri con quattro facce, anzi li chiama più volte esseri viventi e dice che avevano letteralmente quattro volti e altre parti di animali […] L’errore metodologico commesso da Blumrich è quindi quello di voler vedere per forza ciò in cui lui ha più familiarità, cioè le astronavi, decontestualizzando gli elementi del testo e ignorandone altri. Per forza il quadro che emerge alla fine risulta perfetto e coerente! Purtroppo per lui, però, è un dato di fatto che il testo parli non di eliche e turbine, ma di esseri animali con quattro facce, ali e zoccoli di animali. Se si vuole provare a capire un testo, si deve partire da quello che dice, non da quello che si vorrebbe che dica […]».
Nonostante queste necessarie puntualizzazioni, la ricostruzione operata dall’ingegnere appare tuttora ragionevole e convincente.
Il sociologo Roberto Pinotti precisa però che prima di Blumrich, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, fu Morris K. Jessup a occuparsi del libro di Ezechiele, valutando il rapporto tra UFO e Bibbia, creature extraterrestri e religione.
Nel 2018 con Bibbia e Macchine Volanti, Paolo Navone, che ha una trentennale esperienza tecnica e professionale nel campo avionico e meccanico, è tornato a rileggere la visione di Ezechiele, considerando anche le novità in campo aeronautico degli ultimi quarantanni.