Il recente vertice di Parigi, conclusosi sostanzialmente con un prevedibile fallimento, doveva servire, fra le altre cose, per promuovere un progetto di difesa europea, trainato da Francia e Regno Unito, uniche potenze nucleari del continente.
La difesa dell’Ucraina, in attesa delle conclusioni cui giungeranno Stati Uniti e Russia, che indubbiamente rimangono oggi le due superpotenze del globo e che cercano di ricucire rapporti diplomatici, anche per giungere in qualche modo alla conclusione del conflitto, dovrebbe essere sostenuta dall’Unione Europea, senza la partecipazione della NATO, in quanto elemento considerato destabilizzante del quadro geopolitico attuale.
L’invio di un fantomatico esercito europeo in Ucraina, per tutelare i confini, vecchi o nuovi, di questo Paese extra UE, è un’azione che, al momento, rischia seriamente di esasperare la situazione sul piano militare e di interferire con le odierne trattative di pace.
Di là delle posizioni contrarie espresse da Italia e Germania al progetto sostenuto da Francia e Regno Unito, il problema rimane però l’inconsistenza delle forze armate europee.
Il proseguimento della politica filo-atlantista, in uno scenario geopolitico internazionale radicalmente diverso dal passato e in continuo mutamento dopo il 1989, oltre a essere motivo di forte risentimento in consistenti frange dell’opinione pubblica europea, ha vincolato ancor più i Paesi europei agli USA, in quel frangente l’unica potenza mondiale in grado di sostenere anche economicamente la difesa dell’Europa tramite la NATO.
Quegli anni coincisero, però, con un disimpegno degli Stati Uniti che si allontanarono sempre più dalle faccende europee: un atteggiamento che favorì la formazione dell’Unione Europea, finalmente integrata comunitariamente con il trattato sottoscritto a Maastricht.
Da quel momento riprese con vigore la competizione anche geopolitica tra gli alleati occidentali, segnato dall’intraprendenza della Germania riunificata, la quale riconobbe separatamente l’indipendenza di Slovenia e Croazia. Anche l’introduzione della moneta unica, sostenuta dalla Francia per limitare il potere economico della Germania, non fece che favorire ancor più le sorti di quest’ultima.
Il sospirato progetto di costituire anche una difesa comune, cui aspiravano già negli anni Cinquanta del secolo scorso alcuni Paesi europei per smarcarsi definitivamente dagli Stati Uniti ed esautorare la NATO, non vide, però, mai la luce.
L’Italia, in questa situazione, nonostante la politica d’integrazione economica con l’Europa, contrastò l’iniziativa e volle mantenere salda l’alleanza militare con gli storici alleati, che dal canto loro consideravano perlomeno ambiguo il progetto per gli aperti contrasti con la Francia che non accettava il riarmo della Germania.
Già nel 1952 si era cercato di creare una difesa comune europea con la CED (Comunità Europea di Difesa), ma sorsero subito delle difficoltà per assecondare le richieste dei possibili partecipanti.
Un piano di lavoro rielaborato per iniziativa della Francia fu sottoscritto da tutti i Paesi già membri della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), ma naufragò poiché fu proprio l’Assemblea nazionale francese il 30 agosto 1954, per ironia della sorta, a non ratificare l’accordo per il voto contrario espresso dalla sinistra socialdemocratica e dalla destra gollista.
Anche in Italia non si arrivò mai alla ratifica in parlamento della CED, nonostante una maggioranza favorevole, poiché tutta l’attenzione dell’ultimo governo De Gasperi fu rivolta alla battaglia per la nuova legge elettorale con premio di maggioranza (la cosiddetta “legge truffa”).
Ma anche la questione irrisolta di Trieste, legata alla politica europeistica, giocò la sua parte in quanto creava ancora forti dissapori in patria nei confronti degli alleati.
La mancata fiducia al monocolore DC il 28 luglio 1953 e l’uscita di scena definitiva di De Gasperi sancì anche l’affossamento del progetto CED.
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