I faraoni e la terra di Punt

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Sui rilievi del tempio di Deir el-Bahri la regina Makare (Hatshepsut) nel XV secolo a.C. fece scrivere, a proposito della spedizione da lei promossa nella terra di Punt, che ‘Nulla di simile era mai avvenuto in questo paese sotto altri sovrani’. In realtà, come spiega il professor Claudio Finzi dell’Università di Perugia, “secoli prima i viaggi al paese di Punt erano cosa usuale per gli Egiziani, benché non avvenissero certo tutti i giorni e fossero pur sempre rischiosi per le difficili condizioni del mar Rosso”. Semmai il merito del faraone donna fu di riaprire una rotta dimenticata da tempo perché, continua Finzi, “ormai il paese di Punt era noto soltanto per quel che se ne sentiva ancora raccontare forse nei porti, forse nelle favole”.

Probabilmente una delle prime spedizioni a Punt avvenne durante il regno del faraone Snefru all’inizio del XXVII secolo a.C. L’egittologo Alan Gardiner, ragionando sui materiali usati dagli Egizi per la costruzione delle imbarcazioni, afferma infatti che “all’epoca di Snefru della IV dinastia (2620 a.C. circa) in un solo anno arrivarono in Egitto su navi da trasporto quaranta carichi di legname [dal Libano]. Ma si sa anche di imbarcazioni costruite nella Bassa Nubia con legno di acacia per trasportare attraverso la prima cateratta il granito destinato alla costruzione della piramide di Merenre. Abbiamo pure notizia di una nave costruita sulla costa del mar Rosso per una spedizione a Pwene… era la terra delle spezie e della mirra”.

Pwene (o Pwenet) era il nome con cui era chiamata Punt dagli antichi Egizi. La faccenda legata ai toponimi con cui era identificata di volta in volta questa terra, non si esaurisce qui. Per comodità, continuerò a utilizzare il nome Punt per non ingenerare confusione nel lettore. Gardiner al riguardo, scriveva nel fondamentale ‘La civiltà egizia’ che “In vari trattati di egittologia questa località è detta Punt, pronuncia sicuramente erronea; ma anche quella da noi adottata [Pwenw] è incerta”.

Ai faraoni della IV dinastia è stata attribuita la realizzazione del più antico porto finora conosciuto, nella località oggi chiamata Wadi al-Jarf, sul Mar Rosso, a un centinaio di chilometri da Suez. Il sito archeologico ha restituito infatti papiri, manufatti e ceramiche dell’epoca, confermando che l’attracco era in uso già nel 2600 a.C. Molti dei papiri risalgono nello specifico al regno del faraone Cheope.

I lavori di scavo, ripresi nel 2011 sotto la direzione di Pierre Tallet della Sorbona di Parigi, hanno confermato l’esistenza dell’antico porto egizio, che fu utilizzato certamente anche per lunghe distanze, forse per raggiungere la misteriosa terra di Punt.

La prima testimonianza documentata di una spedizione a Punt risale comunque all’Antico Regno, stando al resoconto scolpito sulla ‘Pietra di Palermo’, una stele frammentata il cui pezzo più grande è oggi custodito nel Museo Salinas della città da cui prende il nome.

Sull’importante reperto in diorite realizzato nel XXV secolo a.C. e la cui collocazione originaria rimane incerta, oltre all’elenco dei faraoni delle prime cinque dinastie, alle piene del Nilo e  alle offerte alle varie divinità, si narra appunto di una spedizione a Punt.

Il promotore fu il faraone Sahura, secondo sovrano della V dinastia, che favorì missioni per fini commerciali in terre lontane, compresa Punt, da cui sarebbero giunte, stando a questo resoconto, ottantamila misure di mirra, seimila unità di peso di elettro (una lega naturale d’oro e d’argento) e duemilaseicento pezzi di legno pregiato (forse ebano).

In un blocco rinvenuto nel 2002 nella necropoli di Sahura ad Abusir, c’è un’iscrizione che testimonia il ritorno da Punt delle navi da carico egizie, escludendo quindi la percorrenza di una via carovaniera. Esiste un documento che attesta altre spedizioni a Punt avvenute durante la V dinastia: si tratta di una lettera di ringraziamento che Pepi II indirizzò al governatore di Elefantina Harkhuf, di ritorno da un viaggio a Yam in Nubia da cui aveva riportato un ‘nano danzante’. Il futuro faraone ricorda infatti, in quello scritto, che anche il cancelliere Baurdjeded riportò al sovrano Djedkara Isesi (regnante fino al 2380 a.C.), dopo un viaggio a Punt, un uomo con le stesse caratteristiche. Harkhuf  fu così lieto della risposta ricevuta che la fece copiare sulla facciata della sua tomba nei pressi di Assuan. Per tale ragione la preziosa testimonianza (‘Lettera del re Neferkara a Herkhuf’) si è preservata nel corso dei secoli, giungendo fino a noi.

I viaggi verso Punt proseguirono in maniera piuttosto regolare anche durante la VI dinastia, quando i regnanti egizi presero ad arruolare principi nubiani a cui affidarono gli incarichi che prima erano esclusiva dei visir. Alan Gardiner ci ricorda che a Wadi Hammamat, la via commerciale che collegava il Nilo al Mar Rosso (di cui scriveremo ancora), tra le altre si trova anche un’iscrizione di Pepi I, sovrano della IV dinastia, vissuto negli ultimi secoli del III millennio a.C.

Gardiner racconta che “questi principi erano, probabilmente, anch’essi di sangue mezzo nubiano, conoscevano la lingua e i dialetti delle tribù che avevano l’incarico di visitare. Sembra che fossero anche di fibra più robusta e meglio adatti ai lunghi viaggi in terra straniera che non la maggior parte dei nobili egizi, giacché Pwene e Biblo sono citati come luoghi dove uno di loro fu più volte inviato, mentre un altro venne mandato nel paese degli Asiatici, probabilmente qualche località non precisata sul Mar Rosso, a ricuperare la salma di un funzionario egizio trucidato con tutta la sua scorta mentre costruiva una nave per un viaggio a Pwene”.

Uno di questi principi, tale Khnemhotep, come risulta dalle iscrizioni rinvenute nella sua tomba, si recò a Kush e Punt almeno undici volte, sempre accompagnato dal capitano Hwj. L’altro, chiamato Hekayeb, fu quello incaricato da Pepi II del recupero della salma dell’ufficiale Anankhet, ucciso dai nomadi mentre, come scrive Finzi, “provvedeva a far costruire altre navi per i viaggi al paese di Punt”. Hekayeb lasciò traccia di questa impresa sulle pareti del suo sepolcro a Qubbet el-Hawa. Un fatto analogo è raccontato dal funzionario Sabni, anch’egli vissuto ai tempi di Pepi II: le iscrizioni nel suo sepolcro a Qubbet el-Hawa (vicino ad Assuan), narrano delle difficoltà che ebbe Sabni per riscattare il cadavere del padre Mekhu, ucciso durante una spedizione in Nubia.

La fine della VI dinastia segnò una fase di decadenza dell’Antico Regno, poiché le rivolte delle tribù assoggettate al potere centrale si fecero sempre più frequenti. Inoltre, alla morte di Pepi II ci furono certamente congiure di corte per la successione. Per almeno duecento anni i viaggi verso Punt  non costituirono più una priorità e dobbiamo considerare che in un periodo così lungo anche le rotte furono completamente dimenticate.

Solo con l’avvento dell’XI dinastia, nel 2000 a.C. circa, la lungimiranza del faraone Mentuhotep III, che finalmente governava un Egitto  riunificato dal padre Mentuhotep II dopo decenni di spedizioni militari su tutto il territorio, permise di riprendere i rapporti commerciali con Punt. In realtà entrambi i faraoni ne furono artefici, ma Mentuhotep III si prese infine il merito poiché si premunì di lasciar traccia dell’avvenimento nel celebre Wadi Hammamat, una valle di circa duecento chilometri nel Deserto orientale, in cui sono state rinvenute centinaia di iscrizioni rupestri.

Qui transitava la pista carovaniera che da Wadi Gasus, nei pressi dell’odierna Quseir sulla costa del Mar Rosso (a circa centoquaranta chilometri dalla nota stazione turistica Hurghada), conduceva al Nilo nel più breve tragitto possibile, attraversando il Sahara a est del Nilo.

La riapertura dell’importante via di comunicazione permise quindi di riprendere i commerci con la terra di Punt. Le navi partivano dall’antico attracco di Saww, situato in una posizione strategica in quella che oggi è conosciuta come Wadi Gasus. Secondo Finzi, all’origine della riapertura della pista c’erano ragioni connesse al fatto che, nel frattempo, la capitale da Menfi era stata spostata a Tebe, quindi erano cambiate anche le priorità. Occorreva individuare un percorso che evitasse la partenza delle navi dal delta del Nilo, dove probabilmente erano di stanza durante l’Antico Regno.

L’uomo che materialmente rese possibile tutto ciò fu il nobile Henenu, incaricato da Mentuhotep III del grandioso progetto. Henenu, alla testa di tremila soldati, partì da Coptos, attraversò quel deserto e sbaragliò le tribù nomadi che ostacolavano il cammino; giunse infine sulla costa del Mar Rosso, dove squadre addestrate di operai iniziarono a costruire le navi che partirono alla volta di Punt. Sulla strada del ritorno, attraversando il Wadi Hammamat, Henenu fece incidere l’iscrizione a futura memoria, in onore del faraone Sankhkara (Mentuhotep III) che aveva promosso la spedizione.

Da quel viaggio il nobile riportò mirra, metalli preziosi e legno. Henenu fu sepolto a Deir el-Bahari e anche lì, sulla sua tomba, è presente un’iscrizione che attesta la spedizione a Punt.

Anche Mentuhotep IV fece iscrivere il suo nome sulle rocce del Wadi Hammamat, a conferma che la pista continuava a essere utilizzata pure sotto la reggenza di questo faraone. Fra l’altro fu proprio lui a far costruire la fortezza di El-Gezira per offrire maggior protezione a chi percorreva la via carovaniera, che conduceva anche alle miniere d’oro di Berenice Pancrisia.

Il commercio con Punt proseguì, come pare attestare un racconto popolare redatto da un un ufficiale rimasto ignoto. Il ‘Racconto del naufrago’ è un classico della letteratura del Medio Regno. L’autore si trova a conversare con un amico dopo il fallimento di una spedizione commerciale in Nubia. Nella circostanza, gli torna alla memoria un fatto analogo in cui era incappato in passato, quando la sua nave ebbe a naufragare nel Mar Rosso. Unico sopravvissuto, si ritrovò su un’isola dove incontrò il signore di Punt in forma di serpente, che vaticinò l’arrivo di una nave che l’avrebbe portato in salvo. La predizione si avverrò dopo quattro mesi e l’ufficiale potè ritornare in patria recando al faraone i doni del signore di Punt.

Durante la reggenza di Sesostri II della XII dinastia – morto nel 1879 a.C., fu inviato a Saww il gran visir Khnumhotep II, che fra l’altro era incaricato, anche sotto il regno di Amenemhat II, della supervisione del Sahara orientale comprendente Eritrea e parte del Sudan e dell’Etiopia. Questo faraone fece bonificare l’oasi di Fayyum, a trenta chilometri dal Nilo, poiché credeva possibile la realizzazione di una via navigabile da est a ovest che collegasse il Nilo al Mar Rosso, un progetto poi ripreso più di mille anni dopo da Necho II e infine realizzato da Dario I nel 270 a.C. L’intera dinastia dei Sesostri (succedutasi sul trono tra il 1964 a.C. e il 1846 a.C.) si dimostrò comunque interessata a mantenere attivo il legame con la misteriosa terra di Punt.

Sesostri I, definito dagli storici ‘conquistatore dell’Asia’ per le innumerevoli campagne militari, continuò a incentivare gli scambi commerciali con Punt, come dimostrano le testimonianze rinvenute lungo la pista carovaniera che conduceva allo sbocco sul Mar Morto. All’epoca il faraone, mandò il visir Antefoker a costruire navi da inviare alla regione di Bia-Punt, e quelle navi provenivano dal cantiere navale di Coptos.

Sesostri III proseguì nella stessa direzione e durante la sua reggenza furono organizzate numerose spedizioni a Punt. Per rendere più sicuro l’attraversamento del deserto dalle continue scorribande dei predoni, fece erigere torrette fortificate da cui si poteva scorgere in lontananza il sopraggiungere del pericolo.

Anche il faraone Amenemhat II, che regnò tra la fine del XX e l’inizio del XIX secolo a.C. (tra Sesostri I e Sesostri II), intraprese spedizioni a Punt, come attestano le iscrizioni su una stele rinvenuta a Mersa Gawasis, l’antico porto da cui partivano le navi alla volta di Punt.

Amenemhat III (figlio di Sesostri III e probabilmente in parte anche suo correggente) e Amenemhat IV proseguirono la tradizione di famiglia. Del primo è stata rinvenuta una stele, al Wadi Gawasis, in cui sono commemorate due spedizioni marittime a Punt e Bia-Punt. Il successore lasciò traccia di sé in un paio di iscrizioni su altrettante scatole di carico rinvenute nella stessa località, in cui lo scriba Djedy pure menzionava due spedizioni a Punt e Bia-Punt.

Con la fine della XII dinastia, per più di duecento anni i viaggi verso Punt non furono certamente all’ordine del giorno, poiché gli Hyksos si stavano infiltrando nel Basso Egitto, dalla zona orientale del Delta, in un frangente di estrema debolezza dello stato centrale faraonico.

Con l’avvento della XVIII dinastia e l’inizio del Nuovo Regno, quando gli Hyksos furono cacciati dall’Egitto, i viaggi verso la terra di Punt ripresero, come testimoniano le iscrizioni di Deir el-Bahari trovate in un tempio di Asasif nei pressi dell’antica Tebe (oggi Luxor). Qui abbiamo traccia del resoconto della famosa spedizione promossa da Hatshepsout, vissuta nel XV secolo a.C. e unico faraone donna della storia d’Egitto (ventidue anni di regno, oscillanti dal 1519 a.C. o dal 1499 a.C.). È certo che questa rotta commerciale, durante la reggenza della donna, fu percorsa piuttosto regolarmente.

Dalle incisioni sulle pareti del tempio di Amon a Karnak troviamo conferma che anche il faraone Thutmose III, il cui regno è quello di più lunga durata della XVIII dinastia, salito al potere dopo un lungo periodo di coreggenza con la matrigna Hatshepsout, ebbe a che fare con Punt. Durante numerose spedizioni militari, soprattutto in Siria, gli capitò di fare tappa nel regno di Punt ove – come successo in altre località visitate – si interessò di piante e animali esotici, tanto da portare in Egitto anche alcuni esemplari di giraffe, antilopi e scimmie.

Il regno di Punt doveva essere ben noto anche a un altro faraone del XIII secolo a.C. come dimostrano altri rilievi impressi ancora nel tempio di Amon a Karnak. Stavolta è Seti I della XIX dinastia a far menzione di una spedizione a Punt per riportare in Egitto i ben noti prodotti esotici.

Il cosiddetto ‘Papiro delle miniere d’oro’, oggi conservato al Museo Egizio di Torino, è stato redatto durante il Nuovo Regno, in uno spazio temporale che va proprio da Seti I a Ramesse IV, sul finire del II millennio a.C. Si tratta di una mappa in cui è rappresentata la via per giungere dal Nilo alle miniere dello Wadi Hammamat, compresa quella di Berenice Pancrisia. Nel cosiddetto Papiro Harris, oggi conservato al British Museum, redatto per volere di Ramesse IV nel XII secolo a.C., sono inoltre descritte spedizioni nel regno di Punt per reperire la mirra, promosse dai faraoni della XX dinastia. Il documento contiene anche il racconto in prima persona del padre di Ramesse IV, Ramesse III, in cui ci si sofferma soprattutto sul ritorno della spedizione.

Il lungo regno di Ramesse III fu caratterizzato, come quello del predecessore Merenptahper, per l’arrivo in Egitto, a metà del XIII secolo a.C. circa, dei popoli del mare, genti indoeuropee particolarmente bellicose che gettarono scompiglio in tutto il Mediterraneo orientale, sancendo il declino delle civiltà che fino allora avevano prosperato: Ittiti, Egizi e Micenei.

In Egitto, durante il regno del faraone Takeloth II della XXII dinastia (fine VIII secolo a.C.), già travagliato da divisioni interne, il peggioramento del clima contribuì alla disgregazione dello stato unitario. Ciò costrinse gli Egizi a interrompere definitivamente i viaggi verso Punt, da cui i prodotti esotici continuavano ad arrivare per vie traverse.

L’orientalista Rodolfo Fattovich precisa che i contatti con Punt si interruppero nella XX dinastia (1186-1069 a.C.). I tentativi di riprendere questi contatti sarebbero stati fatti nella XXI dinastia (525-404 a.C.), apparentemente senza successo.

L’ultimo riferimento egizio alla terra di Punt, è contenuto  in una stele danneggiata rinvenuta a Tall al-Dafana, l’antica Daphnae, le cui mura furono erette per volere di Psammetico I della XXVI dinastia, Periodo tardo. Verso la fine del Nuovo Regno, Punt tornò quindi a essere per gli Egizi una terra immaginaria: come già accaduto alla fine dell’Antico Regno, se ne perse qualsiasi traccia.

Hai letto un estratto del libro La mitica terra di Punt. Sulle tracce del misterioso regno che commerciava con i faraoni (Edizioni Cerchio della Luna, 2018).

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