Nei primi anni Venti del secolo scorso, la società Sinclair Oil Corporation, una compagnia petrolifera creata nel 1916 da Harry Ford Sinclair, riunendo fra loro una decina di piccole realtà del settore, fu coinvolta nel primo grande scandalo che l’America ricordi.
Trapelò infatti che il governo aveva concesso alla Mammoth Oil, una partecipata della Sinclair Oil, e alla Pan American Petroleum and Transport Company di Edward Laurence Doheny, la possibilità di estrarre petrolio rispettivamente in Wyomin (Teapot Dome) e in California (Elk Hills), in quelli che in origine erano riserve petrolifere destinate alle esigenze della Marina degli Stati Uniti.
Furono redatti un paio di contratti di locazione molto favorevoli per le compagnie, senza svolgere sondaggi di mercato per individuare offerte più competitive.
L’indagine promossa da un senatore vide coinvolto a pieno titolo il segretario degli Interni Albert Bacon Fall, ai tempi della presidenza Harding.
La Corte Suprema degli Stati Uniti sentenziò nel 1927 che quei contratti rilasciati dal governo erano illegali e Fall aveva percepito un prestito senza interessi e un’ingente somma di denaro.
Per questo il segretario passò alla storia con un ben triste primato, quello del primo membro del governo presidenziale a essere arrestato.
Di là delle responsabilità del segretario degli Interni, condannato a una pena pecuniaria e a un anno di carcere, nessun altro fu condannato, nemmeno chi consegnò quelle prime tangenti, cioè il figlio (Ned) e l’assistente (Hugh Plunkett) di Doheny, poiché entrambi rimasero misteriosamente uccisi in un caso che all’epoca fu archiviato come omicidio-suicidio.
Si trattava in fondo di testimoni molto scomodi, che avrebbero potuto raccontare per filo e per segno com’erano andati realmente i fatti e chi vi fosse implicato.
È anche vero che Sinclair fu condannato, ma solo per oltraggio alla corte, poiché aveva incaricato un’agenzia investigativa di svolgere accertamenti sulla vita dei giurati.
Lo storico Mario Francini, a parte il caso più grave che riguardò Albert Bacon Fall, scriveva che durante la presidenza di Warren Gamaliel Harding, dal 1921 al 1923, «‘la cricca dell’Ohio’, com’era chiamata sempre più spesso dalle malelingue la compagine dei ministri e dei consiglieri del presidente, era spesso occupata in affari non sempre cristallini. I giornali cominciarono a registrare indiscrezioni su certi illeciti guadagni della cerchia presidenziale e perfino su alcuni membri del governo: vendita di beni demaniali, frodi allo Stato, corruzione di funzionari pubblici e perfino concussione».
Anche lo storico Robert Vincent Remini, già professore emerito all’Università dell’Illinois a Chicago, era convinto che a Washington questa corruzione «raggiunse livelli spropositati. Al vertice c’era il presidente stesso, Warren Gamaliel Harding. I suoi gusti personali spaziavano dall’alcool, al gioco d’azzardo, al sesso, non necessariamente in quest’ordine. Il suo comportamento immorale ebbe riflesso ben presto nei molti scandali che coinvolsero la sua amministrazione. Anche altri membri dell’amministrazione Harding varcarono le porte del carcere. Alcuni si suicidarono piuttosto che affrontare un’indagine».
Di quella cricca faceva parte anche Harry Micajah Daugherty, procuratore generale degli Stati Uniti sotto le presidenze Harding e Coolidge, in qualche modo coinvolto nello scandalo Teapot Dome.
Tra il 1924 e il 1926 ci furono sul suo conto un paio di indagini federali per corruzione, la prima perché ritenuto complice nell’affare Teapot Dome per non aver esercitato l’azione penale; la seconda per aver ricevuto in modo improprio – in concorso con l’assistente Jesse W. Smith e il responsabile dell’Office of Alien Property Custodian Thomas Woodnutt Miller -, fondi provenienti dalla vendita di beni dell’American Metal Company, posti sotto il vincolo del sequestro durante la Prima guerra mondiale.
La Metallgesellschaft AG, che deteneva una quota azionaria di maggioranza dell’American Metal Company, pur di riavere l’azienda, falsificò le carte e fece credere che quel pacchetto azionario fosse stato ceduto durante il conflitto a una consociata svizzera, pagando nel frattempo tangenti ai funzionari governativi coinvolti.
Daugherty alla fine fu assolto, ma costretto dal nuovo presidente Coolidge a dare le dimissioni, su sollecitazione dell’allora segretario al commercio Herbert Clark Hoover (successore di Coolidge).
Infatti, nel 1923 Jesse W. Smith, l’assistente di Daugherty, fu rinvenuto morto con una pistola a fianco: ufficialmente si parlò di suicidio, motivato dal fatto che il presidente Harding aveva scoperto le sue condotte corruttive e ne aveva chiesto l’arresto.
La tragica morte di Smith toglieva di mezzo un testimone scomodo, che poteva raccontare le ruberie di quell’amministrazione. Soprattutto se fosse stato vero quanto confidato da Harding a Hoover, cioè che Smith, prima di morire, aveva distrutto documenti compromettenti.
Questo Smith, amico della moglie del presidente Harding, arrotondava anche vendendo i permessi di produrre alcolici “per ragioni mediche” agli spacciatori ricercati dalla polizia. E la first lady lo sapeva benissimo, ma mantenne il segreto. Insomma, come ricorda il giornalista Ennio Caretto «L’amministrazione Harding è rimasta negli annali come la più corrotta della storia americana».
In fondo, come scriveva qualche anno fa Ludovico De Cesare sulla rivista Historia, in quel frangente tutti i politici si dedicavano agli affari, persino il presidente Harding, che dalla Casa Bianca giocava in Borsa.
Hai letto un estratto del libro “Le finanze occulte del Führer”, Edizioni Aurora Boreale, ottobre 2023.