I racconti aztechi e nahua, descritti in alcuni codici e con chiari riferimenti a quelli toltechi, narrano dei quattro “Soli” (da intendersi ere) che si susseguirono dalla creazione in poi.
Come racconta Fernando Montesinos nella sua “Memorias Antiguas Historiales del Perù” del 1628, anche gli annali Inca narrano di cinque età del mondo.
La Prima Età vide protagonisti i Viracochas, la Seconda i giganti in lotta con le divinità, la Terza l’uomo primitivo, la Quarta gli eroi semidivini e, infine, la Quinta, con i regnanti umani a cui gli Incas appartenevano in linea dinastica.
L’epoca in cui vivevano era dunque quella denominata il “Quinto Sole” e le precedenti età erano bruscamente terminate per via di eventi catastrofici. Ogni epoca era contraddistinta anche dal nome del giorno in cui ebbe fine.
Andiamo a scoprire queste ipotetiche ere, tenendo bene a mente che l’ordine e la durata variano, poiché le versioni al riguardo sono molteplici e contraddittorie: gli Aztechi solevano infatti assorbire le credenze dei popoli sottomessi per poi mischiarle con le proprie. Al riguardo i testi di riferimento sono “Historia de los mexicanos por suas pinturas” e “Las Leyenda de los soles”.
Il primo Sole (Nahui Ocelotl, 4-giaguaro), un’era di 4008 anni, iniziò con la creazione e terminò con un diluvio. Il despota Tezcatlipoca fu colpito con un bastone da Quetzalcoaltl e, cadendo in acqua, si trasformò in giaguaro che divorò i giganti che popolavano questa era.
Qui ci tornano in mente gli “uomini giaguaro” degli Olmechi che, secondo il parere di tanti, potrebbero rappresentare esseri soprannaturali, legati al concetto di fecondità. La ricerca di legittimazione dei governanti doveva servirsi di una relazione mitica con quest’animale e per questo ci si abbigliava con le pelli di giaguaro, come testimoniato dall’arte pittorica murale di numerosi centri religiosi, ove è possibile notare anche la sostituzione dei piedi con gli artigli. Il giaguaro è il più poderoso tra i felini del continente americano e con il puma e l’ocelot è la figura più rappresentata dalle civiltà precolombiane.
Il secondo, chiamato Nahui Ehecatl (4-vento), della durata di 4010 anni, fu creato da Quetzalcoaltl e popolato dai macehualtin, che erano persone umili e laboriose. L’era si concluse per la furia di Tezcatlipoca Nero che lanciando venti e uragani distrusse l’umanità. Gli dèi, per salvare gli uomini, li trasformarono in scimmie così che potessero arrampicarsi sugli alberi.
Il terzo Sole (Nahui Quiahuitl, 4-pioggia), l’era del popolo dai capelli rossi, si protrasse per 4081 anni e apparteneva al dio della pioggia Tlaloc. Quetzacoaltl mise fine al mondo di questa divinità facendo piovere fuoco e l’umanità fu trasformata in tacchini, farfalle e cani.
Nel quarto (Nahui Atl, 4 acqua), l’era del popolo dalla testa nera, 5042 anni in tutto, a impersonare il Sole c’era la moglie di Tlaloc, Chalchihutlicue, dea dei mari, dei fiumi e dei laghi. Secondo la tradizione quest’epoca, che vide la nascita di Tollan (Tula) dei Toltechi, fu contraddistinta da lotte intestine in cui furono protagoniste le divinità con la sconfitta di Quetzalcoatl, che abbandonò la mitica città.
La distruzione avvenne con tempeste e piogge torrenziali che fecero precipitare il cielo sulla terra. Stavolta, per strappare il genere umano alla distruzione, gli dèi trasformarono gli uomini in pesci.
Queste quattro età sono raffigurate nel secondo circolo della celebre Piedra del Sol, il calendario azteco rinvenuto a Città del Messico e oggi conservato nel museo cittadino.
Il Sole è immaginato dagli Aztechi come un’aquila che ascende e discende, a rappresentare rispettivamente l’alba e il tramonto. Al centro del calendario è rappresentato il Quinto Sole, l’era attuale denominata Nahui Ollin (4-movimento), sorta dal sacrificio di una divinità a Teotihuacan.
Partendo dal presupposto che un dio si era sacrificato per il bene dell’umanità (e altri si erano gettati nel fuoco per dare movimento all’astro), gli Aztechi si convinsero che per mantenere in vita e alimentare questo Sole fosse necessario compiere sacrifici umani.
La cerimonia del Fuoco Nuovo, celebrata ogni 2 Canna, consisteva nello spegnere tutti i fuochi e quindi recarsi sul Cerro de la Estrella, dove i sacerdoti osservavano il cielo a mezzanotte: se le Pleiadi non superavano lo zenit il mondo sarebbe stato distrutto, viceversa l’appuntamento era rimandato di 52 anni. In questo caso la cerimonia prevedeva l’accensione di un fuoco (posto sul petto di un uomo che poi sarebbe stato sacrificato) da portare nei templi della città.
Poiché questo Sole non riusciva a muoversi, altri dèi (Titlacahuan, Huitzilopochtli o Huitzilopuchtli, Xochiquetzal, Yapaliicue e Nochpaliicue) furono costretti, a loro volta, al sacrificio.
La durata di quest’era, presidiata dal dio Xolotl come rappresentazione gemellare di Quetzalcoatl, è fissata in 5125 anni. La leggenda vuole che questo Sole possa terminare con esplosioni e terremoti, alla fine di un ciclo di 52 anni come avvenuto per i precedenti.
Tenendo in considerazione la durata complessiva delle quattro ere (17.141 anni), facendo di conto (la cronologia Mexica/Nahuatl pone il diluvio che distrusse il primo Sole approssimativamente 13.133 anni prima della compilazione del Codice, risalente all’11.600 a.C.), il Quinto Sole iniziato il 13 agosto 3114 a.C. (come suggerito da Linda Schele e David Freidel, protagonisti della decodifica dei codici Maya), sarebbe dovuto terminare nel fatidico 2012.
Come ricordava qualche tempo fa il ricercatore Stefano Panizza, “non tutti gli archeologi sono concordi sulla data d’inizio del calendario (fondamentale per calcolarne la fine). Ci sono ben ventuno versioni, e quasi tutte diverse. La più antica (Robert Heneling) parte dal 1 aprile del 8498 a.C., la più recente (Vaillant) inizia l’8 aprile del 2594 a.C., con una sostanziale predominanza per i mesi di aprile ed agosto… Oggi si tende, invece, a dare per sicura la data del 11 (o 13) agosto del 3114 a.C. che invece proprio certa non è. Qualche voce fuori dal coro lo ha comunque ribadito. Mi riferisco ai fratelli Bohumil e Vladimir Boehm, con uno studio pubblicato sulla rivista Astronomiche Nachrichten, che ritengono che la data finale sia da posticipare all’anno 2116. Oppure al professor Gerardo Aldana dell’università californiana di Santa Barbara che, nel suo ultimo libro “Calendars and years II: Astronomy and time in the Ancient and Medieval world”, ritiene ci sia stato un errore di conversione del calendario maya in quello gregoriano…”.
Ma è anche vero che Maya e Aztechi avevano in uso due calendari, che incrociandosi tra loro, ogni 52 anni preannunciavano la possibile fine del Sole con il ritorno del Serpente Piumato.
La data corretta per quest’avvenimento, ammesso e non concesso che sia esatta la data iniziale del calendario, andrebbe dunque spostata al 2039, esattamente 520 anni dopo il 1519, che segna l’arrivo di Cortes “piumato”.