Chi ricostruisce il nostro passato ha sempre vivido il problema di classificare e dare un nome a tutto, pur di integrare ogni elemento nel solito quadro cronologico accettato dalla comunità scientifica.
Forse da questi presupposti sono nati anche gli Epi-Olmechi, cioè quelli che vennero dopo gli Olmechi, che non sono quindi propriamente Olmechi: insomma, per certi versi una trasformazione.
Un popolo stanziato nel Veracruz per circa seicento anni, a partire dal 300 a.C., coincidente fra l’altro con la scomparsa dei loro predecessori e, soprattutto, con una crisi generalizzata che interessò tutta la rete commerciale della Mesoamerica, ad eccezione della rotta che conduceva allo scalo di Tehuantepec nell’Oaxaca.
La fase decadente della cultura olmeca, quella ricompresa nel cosiddetto periodo Olmeca III dal VII al I secolo a.C., per Romolo Santoni comprenderebbe invece, almeno dalla metà del V secolo a.C., un fenomeno culturale ‘d’orizzonte’ e un’ulteriore fase di transizione, “…quando Cerro de Las Mesas cominciò a divenire il centro della nuova cultura” e quando “il pensiero olmeca era già morto da almeno 150 anni.”
Agli Epi-Olmechi andrebbe riconosciuto il merito, negato agli Olmechi, di aver creato calendari e scrittura. Almeno due i siti archeologici che denoterebbero caratteristiche di questo popolo,Tres Zapotes e Cerro de las Mesas, mentre negli altri le peculiarità si fanno più sfumate: El Meson, Lerdo de Tejada, La Mojarra, Bezuapan e Chuniapan de Abajo. In definitiva, questi siti presentano un deciso passo indietro nell’architettura, mancante della qualità e dei dettagli cui ci avevano abituato gli Olmechi.
Tres Zapotes era un nodo cruciale nella rotta che collegava Tuxtla (da cui proveniva il basalto) e il fiume Papaloapan, che di fatto separa l’area nucleare olmeca da Veracruz. La città cominciò a dar segno di sé all’inizio del I millennio a.C., e prese importanza con la decadenza di San Lorenzo Tenochtitlan; declinò prima della fine del I millennio della nostra era, senza essere mai del tutto abbandonata.
Qui sarebbe netta, nei monumenti, la diversificazione dalla precedente cultura olmeca, almeno a partire dal 400 a.C., anche se rinveniamo una cinquantina di quei monticelli fattor comune con San Lorenzo Tenocthitlan e La Venta.
Secondo l’antropologo Christopher A. Pool, “…la continua occupazione di Tres Zapotes per due millenni, la rende un luogo fondamentale per la comprensione delle principali transizioni tra la cultura olmeca, epi-olmeca e classica di Veracruz.”
Gli scavi archeologici ci hanno regalato due delle classiche statue olmeche, una delle quali detiene il primato per essere stata rinvenuta prima delle altre.
Poco dopo Tres Zapotes nasce nel 600 a.C. Cerro de las Mesas, che delimita da nord l’area nucleare olmeca. Qui in mezzo a una laguna si rinvennero centinaia di tumuli artificiali, costruiti a partire dal 400 a.C.: un ambiente in qualche modo simile a quello già incontrato e descritto a San Lorenzo Tenochtitlan.
Dal 300 d.C. in poi questo sito, per la natura dei manufatti rinvenuti, potrebbe aver intessuto relazioni commerciali con Teotihuacan. Tra i rinvenimenti notevoli, alcune stele e centinaia di manufatti di giadeite, scoperti nel 1941 dalla spedizione finanziata dal Smithsonian e dal National Geographic, sotto la guida di Matthew Stirling.
Romolo Santoni, basandosi sull’analisi del materiale iconografico-simbolico dell’area, è dell’idea che proprio a Cerro de las Mesas sia iniziato un fenomeno culturale ben distinto dalla cultura madre.
Vicinissima alla costa del Golfo, La Mojarra si fece largo dal 300 a.C. Si tratta di un piccolo centro, con alcuni cumuli di terra e piazze aperte, oggi utilizzato come pascolo.
La Mojarra viene spesso citata perché vi si rinvenne nel 1983, sul fondale del fiume Acula, una lastra di pietra (la Stele 1, oggi conservata al Museo di Antropologia di Xalapa) con incise due date del lungo computo, 21 maggio 143 e 13 luglio 146 della nostra era. Per alcuni dovrebbero essere le più antiche trascrizioni del genere, finora rinvenute nella Mesoamerica. L’ultima campagna di scavi, capeggiata dal noto archeologo Richard Diehl, risale al 1996: da allora nessun altro ha intrapreso ricerche.